La tragica vicenda di Willy Monteiro Duarte continua a suscitare viva attenzione e commozione, mentre il processo di Appello bis si avvicina alla conclusione. I fratelli Marco e Gabriele Bianchi, accusati dell’omicidio del giovane, hanno espresso il loro dolore e la loro posizione in una serie di dichiarazioni rese ai giudici della Corte di Appello di Roma. Nelle ultime udienze, la procura ha richiesto una condanna all’ergastolo senza attenuanti. L’attesa per la sentenza è palpabile, dato il forte impatto emotivo che questo caso ha avuto sulla comunità e sulle famiglie coinvolte.
Le dichiarazioni di Gabriele Bianchi
Nell’ultima udienza, Gabriele Bianchi ha voluto chiarire la sua posizione rispetto al tragico evento. Sostenendo di essere stanco di essere stereotipato come un delinquente, Gabriele ha raccontato le sue normali giornate di lavoro come titolare di una frutteria. Ha poi aggiunto che i suoi errori non devono essere confusi con la sua intera esistenza. In aula, ha dichiarato: “Mi sto laureando, svolgo il mio lavoro con serietà e impegno. Non ho mai litigato con nessuno.” Questa affermazione cerca di posizionarlo come una persona cambiata, consapevole delle sue responsabilità, desideroso di affrontare le conseguenze delle sue azioni.
Gabriele ha anche espresso profondo rammarico per la morte di Willy, chiedendo di incontrare i genitori della vittima per guardare negli occhi chi ha subito questa tragica perdita. “Se potessi cambiare le sorti di quella sera, lo farei” ha affermato, manifestando un desiderio di confronto e una volontà di collaborazione con la famiglia di Willy. Tali parole evidenziano la fragilità umana e il conflitto interiore di chi cerca di riconciliarsi con il passato.
L’affermazione chiave di Gabriele rimane la sua insistente negazione di qualsiasi coinvolgimento nell’aggressione a Willy, un punto che ha ripetuto nel corso del processo e che ha sottolineato con determinazione nella sua testimonianza: “Non ho mai colpito Willy, non l’ho toccato.” La sua richiesta di non essere etichettato come un mostro riflette un bisogno di riabilitazione della propria immagine pubblica, mentre la condizione attuale del suo stato legale offre una questione scottante da affrontare.
La posizione di Marco Bianchi
Collegato in videoconferenza dalla sua cella, Marco Bianchi ha condiviso le sue emozioni riguardo all’incidente e le conseguenze che ne sono derivate. Riconoscendo la sua responsabilità per il “calcio al fianco” dato a Willy, Marco ha tuttavia distinto le sue azioni dal momento in cui la vittima era già a terra. Le sue parole: “Mi dispiace per il dolore che ho dato alla famiglia di Willy” tendono a dimostrare una certa consapevolezza rispetto all’impatto delle proprie azioni. Marco ha espresso, in modo tangibile, una sorta di richiamo alla comprensione da parte della giuria e dell’opinione pubblica.
Il suo dispiacere è accompagnato dalla preoccupazione per il fratello Gabriele, di cui riconosce l’innocenza in relazione all’omicidio. Marco ha dichiarato il suo timore per la recrudescenza dell’odio nei loro confronti: “Non meritiamo tutto questo odio mediatico.” Queste espressioni evidenziano la pressione sociale a cui i due sono sottoposti, creando un contrasto tra il loro desiderio di essere visti come esseri umani in contrapposizione ai mostri che la narrazione pubblica tende a dipingerli.
In questo contesto complesso e delicato, l’attesa della sentenza rende palpabile la tensione che permea l’aula, un luogo dove il dolore e il senso di colpa si mescolano a una ricerca di giustizia. La parola finale ora spetta alla giustizia, in un caso che ha toccato il cuore di molti e ha messo in luce le dinamiche di una comunità scossa da eventi tragici e inaspettati.