Nuovo regolamento Ue sui rimpatri: maggiore centralizzazione e critiche da parte delle autorità religiose

La Commissione Europea propone un nuovo regolamento sui rimpatri, suscitando preoccupazioni per i diritti umani e l’umanità nei confronti dei migranti, con critiche da autorità religiose e organizzazioni.
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Nuovo regolamento Ue sui rimpatri: maggiore centralizzazione e critiche da parte delle autorità religiose - Socialmedialife.it

La Commissione Europea ha recentemente reso nota la bozza di un nuovo regolamento sui rimpatri, segnando un passo significativo nella riorganizzazione delle politiche migratorie all’interno dell’Unione. Questo documento, presentato dalla presidente Ursula von der Leyen, si prefigge di creare una struttura più compatta e coordinata tra i vari Stati membri, affrontando le criticità attuali legate ai rimpatri di individui privi di documenti. Le reazioni a questa proposta non si sono fatte attendere, con manifestazioni di preoccupazione da parte di diverse autorità religiose, che invitano a considerare l’umanità e i diritti dei migranti nel processo decisionale europeo.

Il nuovo sistema di rimpatrio proposto

La bozza del regolamento introduce procedure uniformi e un ordine di rimpatrio europeo applicabile a tutti gli Stati membri. Tra le misure previste si trovano rimpatri forzati e incentivi per i ritorni volontari dei migranti. Inoltre, si prevede un inasprimento delle norme riguardanti la detenzione degli individui considerati a rischio di fuga. Un aspetto particolarmente controverso riguarda la creazione dei cosiddetti “return hubs” in Paesi terzi non appartenenti all’Unione Europea. L’obiettivo di questi centri è trasferire persone che risultano irregolarmente in Europa e hanno ricevuto un diniego d’asilo o un ordine di espulsione. Il commissario Ue per l’Immigrazione e gli Affari Interni, Magnus Brunner, ha descritto questo approccio come una “nuova possibilità” di gestione dei flussi migratori.

Tuttavia, l’idea di esternalizzare la gestione dei rimpatri ha suscitato una forte opposizione. Le strutture proposte non sono da intendersi come un semplice modello di accoglienza, ma piuttosto come centri di detenzione temporanea che, stando a fonti critiche, non garantirebbero il rispetto delle condizioni minime di soggiorno e dei diritti umani. Questo tipo di approccio è stato già oggetto di discussione in merito al “modello Rwanda” e “modello Albania”, entrambi promossi da forze politiche di alcune nazioni europee senza successo.

Le preoccupazioni delle autorità religiose

Le dichiarazioni critiche provengono anche dalla Chiesa e dalle organizzazioni religiose. Monsignor Pierpaolo Felicolo, direttore della Fondazione Migrantes, ha espresso forte disappunto nei confronti di tale regolamentazione, sottolineando che essa si muove in una direzione “prevalentemente punitiva”. Il vescovo ha evidenziato come questo cambiamento possa rappresentare una “svolta verso l’esternalizzazione” e abbia il potenziale di aggravare la già complessa situazione dei migranti in Europa. A supporto della sua posizione, Felicolo ha citato il budget nettamente sbilanciato dedicato ai rimpatri forzati rispetto a quanto disponibile per incentivare i ritorni volontari.

Si stima che nei prossimi tre anni siano previsti solo 8,4 milioni di euro per le spese relative ai rimpatri volontari, a fronte di 137,5 milioni per incrementare la capacità di detenzione. Questo divario di fondi solleva interrogativi su come l’Unione Europea stia scegliendo di gestire il fenomeno migratorio e suggerisce la necessità di rivedere tali piani in favore di metodi più umani ed efficaci.

Riferimenti e chiamate all’azione

La Commissione delle Conferenze Episcopali della Comunità Europea ha sostenuto le richieste di Felicolo, sottolineando l’importanza della creazione di vie legali e sicure di accesso per i migranti. Don Manuel Barrios Prieto, segretario generale della Comece, ha espresso la necessità di garantire che i rimpatri siano considerati “l’ultima ratio”, esortando a dare priorità ai ritorni volontari. Il portavoce ha anche richiamato l’attenzione sul rispetto dei diritti umani nei centri di detenzione, evidenziando come molte delle proposte attuali non sembrino in linea con gli standard richiesti.

La questione dei diritti dei migranti, quindi, continua a essere centrale nel dibattito pubblico europeo. Le modalità di rimpatrio e le condizioni a cui si troveranno sottoposti i migranti irregolari non possono scrivere l’ultima parola sul tema. Anzi, l’Unione è chiamata a rispondere a queste sfide con proposte che non solo assicurino la sicurezza, ma rispettino anche la dignità di ogni persona.

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