La Guardia di Finanza di Catania ha portato a termine un’operazione di sequestro di beni per un valore totale di 1.421.000 euro nei confronti di quindici individui. Questa azione si inserisce in un’inchiesta più ampia condotta dalla Procura di Catania, che ha rivelato un presunto schema di frodi ai danni del Credito Valtellinese, appartenente al gruppo Crédit Agricole Italia. Il fulcro delle indagini ruota attorno alla concessione di circa 170 prestiti al consumo, ciascuno per un importo non superiore ai 30.000 euro, tutti erogati dalla filiale di Acitrezza nell’arco di appena nove mesi e esclusivamente a nuovi clienti.
La dinamica della frode
Le indagini hanno svelato che il direttore della filiale, Giuseppe Romano, e un suo collaboratore, Giuseppe Spoto, sarebbero stati al centro del meccanismo fraudolento. Secondo i rilievi effettuati, i quindici indagati avrebbero trovato il modo di appropriarsi di parte delle somme finanziate. La frode sarebbe stata orchestrata includendo alcune pratiche irregolari col fine di creare un apparente flusso legittimo di prestiti concessi.
Tre degli indagati, identificati come Laura Antonia Landolina, Dario Mazzeo e Antonio Soro, avrebbero avuto il ruolo di procacciare nuovi clienti per la filiale di Acitrezza. Spacciandosi per mediatori finanziari, avrebbero convinto le vittime, spesso già in difficoltà economiche, a aprire un conto corrente senza necessità di garanzie per ricevere i finanziamenti. Quest’azione è stata segnalata come una delle più gravi, mirando a sfruttare la vulnerabilità di individui e famiglie in crisi.
Documentazione falsa e complici
A supportare l’operazione fraudolenta, un gruppo di dieci fittizi datori di lavoro, che hanno prodotto documenti falsi e irregolari atti a giustificare l’erogazione dei prestiti. Galvanizzati dal potenziale guadagno, individui come Sebastiano Alessandro Campisi e Ilaria Andrea Caponnetto avrebbero contribuito a rendere la frode più credibile, creando l’illusione di contratti di lavoro autentici. I responsabili della filiale avrebbero, quindi, avallato le richieste di finanziamento preconfezionate, senza fare le necessarie verifiche di rito.
Non è da escludere che il contesto culturale e socioeconomico della zona abbiano giocato un ruolo cruciale nella scelta delle vittime. I quindici indagati si sono concentrati su persone già segnate da difficoltà finanziarie, promettendo soluzioni rapide e facili senza alcun tipo di garanzia. Questo approccio ha facilitato la costruzione di un circuito fraudolento che poteva sembrare irresistibile per chi si trovava in difficoltà.
Misure cautelari e giustizia
Il giudice per le indagini preliminari ha accolto la richiesta avanzata dalla Procura di Catania, dando seguito all’emissione del provvedimento di sequestro cautelare. Considerando il grave quadro indiziario, si ipotizzano reati di truffa, associazione per delinquere e autoriciclaggio. Particolari aggravanti riguardano il fatto che Spoto e Romano avrebbero compiuto queste attività durante l’esercizio delle loro funzioni in un’istituzione finanziaria.
L’inchiesta continua a svilupparsi, e le autorità stanno monitorando l’evolversi della situazione con l’obiettivo di garantire giustizia e risarcire le vittime coinvolte in questo complesso schema fraudolento. L’operazione della Guardia di Finanza rappresenta un passo significativo nella lotta contro la criminalità economica e il raggiro nei confronti dei cittadini.