Spionaggio informatico a Venezia: denuncia di Beppe Caccia contro spyware di Paragon

Beppe Caccia denuncia a Venezia un caso di spionaggio informatico tramite spyware, sollevando preoccupazioni su violazioni della privacy e attacchi alla libertà di espressione per attivisti e giornalisti.
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Spionaggio informatico a Venezia: denuncia di Beppe Caccia contro spyware di Paragon - Socialmedialife.it

Beppe Caccia, figura chiave della Ong Mediterranea e armatore della nave Mare Jonio, ha sporto denuncia penale a Venezia per un episodio di spionaggio informatico. La sua denuncia si concentra sull’uso dello spyware “Graphite”, prodotto dall’azienda Paragon, che ha compromesso le sue comunicazioni. L’atto è stato accompagnato dagli avvocati Agnese Sbraccia e Giuseppe Romano, del team legale di Mediterranea, e segna un passo significativo nella lotta contro le violazioni della privacy.

I dettagli dell’esposto e le accuse di spionaggio

Nel documento presentato alla Procura di Venezia, Caccia accusa “accesso abusivo a sistema informatico” e “interferenze illecite nella vita privata”. L’esposto nasce dopo settimane di indagini condotte con il Citizen Lab dell’Università di Toronto, che hanno confermato l’uso di tecnologie avanzate per spiare Caccia, trasformando il suo cellulare in un dispositivo di sorveglianza. Questa scoperta solleva preoccupazioni non solo per la privacy personale, ma anche riguardo a pratiche diventate allarmanti in un contesto di crescente attacco alla libertà di informazione.

Caccia ha fornito il suo cellulare agli inquirenti, nominando anche un consulente tecnico per monitorare le indagini. Con il supporto degli avvocati, il documento denuncia come tale tecnologia di sorveglianza, in possesso di enti governativi, sia stata utilizzata in modo improprio contro chi svolge attività professionali legate all’informazione e alla difesa dei diritti umani.

Le implicazioni legali e le possibili conseguenze

Nella denuncia di Caccia ci sono richieste precise: chiarire la responsabilità di chi ha attuato l’intrusione e scoprire le motivazioni alla base di questa sorveglianza nei confronti di attivisti e giornalisti, da tempo nel mirino. Oltre a Caccia, l’inchiesta coinvolge altri nomi noti, tra cui Luca Casarini e don Mattia Ferrari. La preoccupazione principale è che questa intrusione non sia un caso isolato, ma parte di una strategia più ampia di controllo delle comunicazioni di chi si oppone a certi sistemi di potere.

Le denunce hanno trovato eco anche a livello nazionale, con l’Ordine dei Giornalisti e la Federazione Nazionale della Stampa che hanno sporto denuncia a Roma. Gli sviluppi di questa indagine potrebbero comportare nuove aperture di fascicoli e ampliamenti delle indagini, su scala non solo locale ma internazionale. Gli inquirenti potrebbero richiedere informazioni dalla Paragon Solutions, il cui software di sorveglianza è venduto esclusivamente a entità governative.

Collaborazione tra enti e la ricerca di giustizia

Il caso di Caccia, insieme a quelli di altri attivisti, ha suscitato una reazione da parte di vari enti e organizzazioni che difendono la libertà di stampa. La questione centrale riguarda le chiare violazioni dei diritti civili e l’uso di tecnologie invasive da parte di governativi, il che rappresenta un attacco diretto alla democrazia e alla libertà di espressione. Le indagini, inoltre, hanno portato l’attenzione su come i social media, tramite aziende come Meta, abbiano informato i soggetti spiati, un aspetto significativo in una battaglia legale che si preannuncia complessa e serrata.

Il coinvolgimento di Citizen Lab potrebbe rivelarsi cruciale per le indagini, poiché essi forniscono competenze tecniche necessarie per comprendere la gravità degli attacchi subiti dai dispositivi. Caccia e gli altri coinvolti hanno espresso la necessità di identificare chi sta dietro a queste attività di spionaggio, fondamentale per garantire che tali violazioni non rimangano impunite e per proteggere il diritto all’informazione.

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