Martedì sera, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha tenuto il suo primo discorso al Congresso dal termine delle elezioni, presentandosi di fronte a una giunta a seduta comune con un atteggiamento carico di ottimismo. A sei settimane dall’inizio del suo secondo mandato, Trump ha rivendicato i risultati ottenuti, difendendo la sua consolidata linea politica e le decisioni già intraprese. Durante l’intervento, il presidente ha enfatizzato il numero senza precedenti di ordini esecutivi emanati, i significativi tagli alle spese federali e le decisioni strategiche riguardo ai dazi imposti a Canada, Messico e Cina, nonché la controversa interruzione degli aiuti militari all’Ucraina.
Ottimismo e attacchi a Biden
Il discorso di Trump ha iniziato a scorrere su toni fortemente positivi, un atteggiamento quasi scontato vista la sua retorica. Ha puntato il dito contro il suo predecessore, Joe Biden, dichiarandolo «il peggior presidente della storia americana». Trump ha tentato di attribuire a Biden anche l’aumento vertiginoso del prezzo delle uova, trattandosi in realtà di una conseguenza di una crisi sanitaria avviata dall’influenza aviaria, una narrazione che ha sollevato più di una perplessità.
L’ex presidente ha voluto fondare il suo discorso su un forte senso di realismo, sottolineando come l’attività della sua amministrazione fosse in controtendenza rispetto a quella del passato. «L’America è tornata. Abbiamo realizzato di più in 43 giorni di quanto la maggior parte delle amministrazioni precedenti abbia fatto in quattro o otto anni, e siamo solo all’inizio», ha esclamato Trump, cercando di creare un’immagine di progresso e rinnovamento.
I negoziati di pace e la situazione in Ucraina
Uno dei punti più controversi del discorso ha riguardato la situazione in Ucraina, un tema divenuto centrale negli ultimi mesi. Negli scorsi periodi, gli Stati Uniti avevano avviato negoziati con la Russia, escludendo il governo ucraino dalle discussioni. Questo passo ha destato scalpore, specialmente dopo un incontro critico tra Trump e il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, avvenuto a Washington. Durante l’incontro, i due avrebbero dovuto firmare un accordo riguardante la cessione di parte dei proventi derivanti dalle risorse minerarie ucraine. Tuttavia, l’incontro ha portato a una discussione accesa, esponendo le tensioni esistenti tra le due nazioni.
Martedì, Trump ha annunciato la sospensione temporanea degli aiuti militari all’Ucraina, una manovra che appare orientata a esercitare pressione su Zelensky affinché accettasse le condizioni dell’amministrazione americana per una pace. Dallo canto suo, Zelensky si è detto disposto a collaborare per risolvere il conflitto, esprimendo la volontà di tornare al tavolo delle trattative «il prima possibile».
Durante il discorso, Trump ha riferito di aver ricevuto una lettera da Zelensky in cui si confermava l’intenzione di avviare dialoghi di pace, ma ha letto solo il comunicato ufficiale emanato dallo stesso presidente ucraino.
Le proteste al Congresso e le reazioni alle politiche del presidente
Il discorso di Trump al Congresso non è passato inosservato agli occhi dei membri dell’opposizione, che hanno organizzato diverse forme di protesta. Delegati e senatori Democratici si sono presentati indossando abbigliamento nei colori simbolici di vari movimenti: il rosa a sostegno dei diritti delle donne, il blu e giallo per mostrare solidarietà all’Ucraina, e diversi cartelli contestatori contro le politiche del presidente. Tra i partecipanti più attivi, Al Green, deputato Democratico dal Texas, ha cercato di interrompere più volte il discorso, venendo infine allontanato dall’aula.
In mezzo a queste tensioni, Trump ha omesso di affrontare direttamente la sua controversa proposta riguardante la Striscia di Gaza. Il piano prevede il controllo diretto degli Stati Uniti sulla regione, con l’espulsione di circa due milioni di palestinesi, e la successiva trasformazione della Striscia in una destinazione turistica ribattezzata come «la Riviera del Medio Oriente». Tale proposta ha suscitato unanimi critiche, specialmente da parte dei paesi arabi, i quali hanno messo in discussione la possibilità di accogliere i profughi palestinesi.
Recentemente, questi stessi paesi hanno presentato una controproposta per la ricostruzione della Striscia, ma la sua attuazione rimane sospesa, in quanto richiederebbe l’approvazione del governo israeliano, una condizione ritenuta abbastanza improbabile.