In un momento in cui le tensioni internazionali spingono verso una crescente militarizzazione, la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen si appresta a presentare una strategia controversa. La lettera indirizzata ai leader europei in vista di un imminente incontro a Bruxelles svela un cambio di rotta significativo, proponendo l’adozione di una “shock economy” per trasformare l’Unione Europea in un’entità più focalizzata sulla spesa militare.
Il cambio di paradigma economico dell’Unione Europea
Il piano delineato da von der Leyen implica una revisione radicale delle regole che governano il patto di stabilità dell’Unione Europea. Al centro di questa proposta c’è l’idea che la spesa pubblica possa essere aumentata, ma esclusivamente per il settore della difesa. In tal modo, si rischia di vedere un ulteriore abbattimento delle risorse destinate ai servizi pubblici. In Italia, ad esempio, si profilano tagli ai fondi per i ministeri e gli enti locali, stimati in ben 12 miliardi di euro all’anno. Questa tendenza non segna solamente un cambiamento nelle priorità fiscali dell’Europa, ma mette in luce anche come i fondi previsti per coesione e sviluppo possano essere rediretti verso l’acquisto di armamenti, come cannoni e droni.
Le reazioni alla proposta sono contrastanti: Kata Tütto, presidente ungherese del Comitato Europeo delle Regioni, sottolinea il potenziale “errore catastrofico” insito nella strategia, affermando che spostare fondi per la difesa al posto di investire in altre aree potrebbe danneggiare le comunità locali e la loro crescita. Dall’altro lato, von der Leyen rimane convinta che l’industria bellica non solo fortificherà la sicurezza dell’Europa, ma potrà inoltre stimolare lo sviluppo economico nelle regioni che beneficeranno di tali investimenti.
Il piano “Riarmare l’Europa”
Uno degli aspetti più significativi di questa nuova strategia è rappresentato dal piano “Riarmare l’Europa“. Essenzialmente, si tratta di un programma di prestiti a lungo termine, per un ammontare di 150 miliardi di euro, attraverso bond garantiti dal bilancio della UE. Tuttavia, questo importo appare irrisorio se paragonato al Recovery Fund da 750 miliardi di euro attivato in risposta alla crisi pandemica. La differenza principale è che, mentre nel passato l’Unione ha potuto contare su sovvenzioni a fondo perduto, oggi i finanziamenti aiuteranno solo chi si impegna a ripagare il debito accumulato.
L’idea è che, al fine di potenziare la difesa, sarà fondamentale scorporare la spesa militare dalle attuali restrizioni del patto di stabilità. Questo potrebbe comportare per l’Italia un’espansione delle spese militari — si parla di un possibile incremento a 20 miliardi, a fronte di 32 miliardi già previsti per quest’anno. Rimane da vedere come si manifesterà concretamente questo aumento e se sarà sostenibile in un contesto economico già segnato da un alto debito pubblico.
Le implicazioni per l’Italia e gli altri stati membri
Mentre si profilano queste strategie aggressive per la difesa, l’Italia rischia di trovarsi nella posizione di dover affrontare restrizioni sempre crescenti. Le prospettive di crescita del Pil si attesteranno tra il 1,5% e il 2%, ma è incerto come ciò influenzerà la capacità dei governi di sostenere le spese militari e le altre necessità pubbliche. In questo clima di incertezze, la pressione per mantenere alti i livelli di spesa per la difesa si scontra con l’esigenza di tutelare i servizi fondamentali come la sanità e l’istruzione.
Negli ambienti di Bruxelles, c’è un crescente scetticismo riguardo alla portata della proposta. Expert e analisti mettono in dubbio che sia possibile realizzare gli obiettivi di spesa militare e, di conseguenza, mostrano preoccupazioni per l’efficacia delle misure proposte da von der Leyen. Le nazioni con un alto debito, come Francia e Italia, dovranno affrontare decisioni politiche delicatissime su come bilanciare le esigenze di bilancio con la crescente pressione per sostenere le spese militari.
In sintesi, il nuovo approccio proposto dall’Unione Europea alla spesa pubblica e alla difesa riflette una trasformazione strategica che potrebbe cambiare in modo significativo il volto della politica economica europea. Mentre la guerra si fa sempre più insistente, l’Europa si prepara a un percorso crudo verso un’economia che dovrà rispondere tempestivamente a sfide sempre più complesse.