Un cervello umano vetrificato scoperto a Ercolano, un caso unico dall’eruzione del 79 d.C.

Scoperto un cervello umano vetrificato nel Parco Archeologico di Ercolano, un evento unico legato all’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., con importanti implicazioni scientifiche e storiche.
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scoperta unica a ercolano: un cervello umano vetrificato risalente all'eruzione del 79 d.C

Una scoperta eccezionale è stata fatta nel Parco Archeologico di Ercolano: un team di ricercatori italo-tedeschi ha identificato un cervello umano trasformato in vetro a seguito dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. Questo fenomeno di vetrificazione cerebrale, descritto in uno studio pubblicato su Scientific Reports, rappresenta un evento senza precedenti nella storia della conservazione dei resti umani.

La scoperta del cervello vetrificato

Il 28 febbraio 2025, i ricercatori hanno annunciato che il cervello di una vittima dell’eruzione ha subito un processo di vetrificazione, un evento raro che richiede condizioni particolari. La formazione del vetro in natura è un fenomeno insolito, poiché avviene solo attraverso un rapido raffreddamento di materiale liquido, evitando la cristallizzazione. Nel caso del cervello umano, che è composto principalmente da acqua, il processo di vetrificazione è ulteriormente complicato, necessitando di temperature estremamente basse per mantenere la struttura vetrosa.

Il team, guidato dal vulcanologo Guido Giordano dell’Università Roma Tre, ha pubblicato i risultati della ricerca, intitolata Unique formation of organic glass from a human brain in the Vesuvius eruption of 79 CE. Questa scoperta ha sollevato interrogativi sulle condizioni che hanno reso possibile la conservazione di un materiale organico in un contesto così devastante.

Le condizioni di vetrificazione

Le analisi condotte dai ricercatori hanno incluso tecniche avanzate come la microscopia elettronica, la spettrometria Raman e esperimenti calorimetrici. Questi studi hanno rivelato che il cervello è stato esposto a temperature superiori ai 510 °C, seguite da un rapido raffreddamento. Questo processo ha permesso di preservare non solo il materiale cerebrale, ma anche le sue microstrutture.

Il gruppo di ricerca ha sottolineato che il cervello non si sarebbe potuto vetrificare se fosse stato riscaldato esclusivamente dai flussi piroclastici, le cui temperature non superavano i 465 °C e che si raffreddavano lentamente. Secondo il professor Giordano, le prime ore dell’eruzione hanno generato una colonna eruttiva che ha causato un impatto termico devastante, ma di breve durata, consentendo così la conservazione dei resti cerebrali.

Implicazioni storiche e scientifiche

La scoperta del cervello vetrificato ha importanti implicazioni non solo per la storia vulcanologica, ma anche per la protezione civile. Giordano ha evidenziato che comprendere le temperature letali dei flussi piroclastici, anche se diluiti, può tradursi in misure efficaci di prevenzione e mitigazione. La ricerca offre una nuova prospettiva sulle dinamiche delle eruzioni vulcaniche e sulla loro capacità di preservare materiali organici in condizioni estreme.

Il dottor Danilo Di Genova ha aggiunto che le analisi sperimentali sono state fondamentali per ricostruire la storia termica del cervello. Attraverso cicli di riscaldamento e raffreddamento controllati, i ricercatori hanno simulato le condizioni che hanno portato alla vetrificazione, utilizzando tecnologie avanzate in collaborazione con il CNR-ISSMC e la Technische Universität Clausthal.

Un ritrovamento senza precedenti

Il professor Pier Paolo Petrone ha espresso gratitudine per la collaborazione con il Parco Archeologico di Ercolano, che ha reso possibile questa scoperta. Ha sottolineato l’unicità del ritrovamento, evidenziando che un materiale cerebrale vetrificato non era mai stato trovato in altri scheletri di vittime dell’eruzione del 79 d.C. Le condizioni particolari dell’eruzione e la protezione delle ossa del cranio e della colonna vertebrale hanno creato un ambiente favorevole alla conservazione del cervello e del midollo osseo.

Questo ritrovamento non solo arricchisce la nostra comprensione delle eruzioni vulcaniche, ma offre anche un’importante opportunità per approfondire le ricerche sulla conservazione dei materiali organici in contesti estremi. La scoperta a Ercolano rappresenta un capitolo significativo nella storia della vulcanologia e della conservazione archeologica.

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