Il mercato globale dello spyware continua a crescere e nel 2025 molti governi lo vedono come un mezzo efficace per monitorare cittadini e stranieri considerati di interesse. L’analisi di Umberto Saccone offre un’illuminante riflessione su questo tema, mettendo in luce le questioni etiche e legali connesse all’uso delle tecnologie di sorveglianza.
Il contesto dello spyware
Negli ultimi anni, l’adozione di strumenti di sorveglianza come Paragon ha suscitato preoccupazioni tra i media italiani riguardo a possibili abusi da parte dei servizi di intelligence. È cruciale sottolineare che, sebbene le speculazioni siano comprensibili, le accuse devono essere supportate da prove concrete. Senza evidenze tangibili, tali affermazioni rischiano di trasformarsi in mere congetture piuttosto che in denunce fondate.
Le agenzie di intelligence a livello globale si dotano di tecnologie avanzate per fronteggiare minacce come il terrorismo e la criminalità organizzata. Tuttavia, l’acquisto di strumenti di sorveglianza non giustifica necessariamente il loro uso improprio contro giornalisti, attivisti o organizzazioni non governative. Se un media sostiene che i servizi italiani abbiano utilizzato Paragon per monitorare attivisti o giornalisti, è fondamentale presentare prove solide, come documenti o analisi forensi. Accuse vaghe, basate su indiscrezioni, possono generare confusione nell’opinione pubblica e alimentare sospetti infondati.
Le tecnologie di sorveglianza e i loro utilizzatori
Le agenzie di intelligence operano in un contesto di segretezza, rendendo difficile l’accesso a informazioni chiare sulle loro attività. L’emergere di tecnologie come Pegasus, Predator e Paragon ha spinto i media a interrogarsi sul coinvolgimento dei servizi italiani in operazioni di sorveglianza. È noto che diversi governi, anche quelli di paesi democratici, utilizzano spyware per monitorare giornalisti e attivisti, come dimostrato dal Pegasus Project del 2021. Questo progetto ha rivelato come molti stati abbiano acquisito strumenti forniti dalla società israeliana NSO Group, utilizzati per attività di sorveglianza che possono compromettere i diritti umani.
Altre aziende, come Cytrox con il suo prodotto Predator e l’italiana Hacking Team, sono attive in questo settore. Tuttavia, non è sempre chiaro quali governi o agenzie acquistino questi software e per quali scopi vengano utilizzati. La domanda per tali prodotti è innegabile, e i regimi autoritari, in particolare, cercano di esercitare un controllo sulla libertà di espressione attraverso tecnologie avanzate.
Il rischio di sorveglianza per giornalisti e ONG
Giornalisti e membri di organizzazioni non governative sono frequentemente nel mirino della sorveglianza, poiché possono avere accesso a informazioni sensibili e documenti riservati. Le ONG, grazie alle loro reti globali, possono possedere contatti e progetti di advocacy che interessano i governi desiderosi di controllare la narrativa pubblica. Le indagini di organizzazioni come Citizen Lab e Amnesty International hanno documentato casi di sorveglianza in diverse parti del mondo, inclusa l’Italia, ma le prove di spionaggio specifico su cittadini italiani rimangono limitate a causa della segretezza delle operazioni.
Tuttavia, non si può escludere che giornalisti italiani o membri di ONG attive in contesti geopolitici delicati possano essere stati o possano essere in futuro obiettivi di sorveglianza da parte di governi stranieri. Le accuse di spionaggio contro giornalisti o attivisti non sono rare, specialmente quando si indaga su temi sensibili come la corruzione o i traffici illeciti.
La complessità della situazione attuale
L’uso di spyware è un fenomeno in crescita e sempre più sofisticato. Le aziende tecnologiche, come Apple e Google, stanno lavorando per risolvere le vulnerabilità che consentono questi attacchi, ma la sfida è complessa e in continua evoluzione. Non è da escludere che anche italiani, specialmente quelli che trattano argomenti di rilevanza per governi stranieri, possano essere coinvolti in attività di sorveglianza.
Attribuire la responsabilità di un attacco è estremamente difficile, poiché la filiera di produzione e vendita dello spyware è opaca e i governi tendono a negare o classificare le proprie operazioni. È quindi comprensibile che alcuni media si interroghino sull’eventuale coinvolgimento dei servizi italiani, ma lanciare accuse senza prove concrete può risultare controproducente.
In conclusione, il mercato globale dello spyware è innegabile e molti governi lo considerano uno strumento utile per il controllo. Quando giornalisti o ONG italiane si occupano di temi geopoliticamente sensibili, il rischio di sorveglianza è reale, ma per confermarlo sono necessarie prove ben più solide di semplici illazioni o sospetti.